Un progetto per mettere in sicurezza la campagna dai Pfas
Gli effetti dell’inquinamento potrebbero estendersi attraverso la filiera alimentare, per questo diventa importante approvvigionare la rete irrigua con acqua pulita. Con l’estensione del Leb e la realizzazione di un tratto di canale, l’acqua dell’Adige potrebbe essere immessa in tutto il circuito per l’irrigazione
Il tema dei Pfas occupa le prime pagine dei giornali, del resto l’inquinamento provocato dalle sostanze perfluoroalchiliche, usate diffusamente in alcune aziende del Vicentino per rendere impermeabili tessuti o rivestimenti, tra cui il Teflon e il Goretex, riguarda un territorio vastissimo tra le province di Verona, Padova e appunto Vicenza, con conseguenze che sono ancora lontane dall’essere definite con chiarezza. Di certo si tratta di sostanze pericolose per la salute e per questo nelle zone più esposte sono già state messe in pratica azioni restrittive per il prelievo dell’acqua, addirittura dalla rete dell’acquedotto pubblico. Le analisi condotte dall’Arpa hanno messo in evidenza che questo tipo di inquinanti è molto persistente e interessa anche le falde freatiche sotterranee, compromettendo anche quei pozzi che di solito vengono usati per l’irrigazione. Insomma un problema mica da poco che ha investito in pieno la Regione Veneto, la quale attraverso un tavolo tecnico ha concentrato le proprie attenzioni sulla rete degli acquedotti, essendo direttamente connessa al consumo pubblico, ma il problema ha un nervo scoperto anche nella rete irrigua, in quanto gli effetti dell’inquinamento potrebbero estendersi dalle aree direttamente interessate a tutto il Paese, proprio attraverso la filiera alimentare. Un rischio che il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo ha subito preso in esame, essendo l’area di competenza interamente attraversata dal fiume principalmente responsabile della diffusione dei Pfas, ossia il Fratta Gorzone. Un fiume fondamentale per sgrondo delle acque meteoriche, insistendo su di esso le oltre cinquanta pompe idrovore che servono per tenere asciutto il territorio, ma critico soprattutto perché attraversa tutta la campagna dal Basso Montagnanese alla provincia veneziana dove insistono colture anche di eccellenza. Frequenti sono stati i confronti con i comuni interessati, come pure con la stessa Regione; la Sanità; le associazioni agricole, proficui per mettere a punto un progetto che permetterebbe si approvvigionare tutta quest’area di acqua “sicura” per le campagne, pescata direttamente dall’Adige.
Le analisi condotte dall’Arpa hanno messo in evidenza che questo tipo di inquinanti è molto persistente e interessa anche le falde freatiche sotterranee
Il progetto riguarderebbe la realizzazione di un canale sotterraneo in estensione al Leb, da Cologna Veneta a Merlara, e a Sud un punto di prelievo dell’acqua dall’Adige per l’alimentazione di una rete, in parte già esistente e in parte da eseguire ex novo, alimentata dai vari sifoni e prese, capillarizzata nelle campagne attraverso canalette e condotte in cemento. Costo dell’opera: 20-25 milioni di euro. Se il costo può sembrare proibitivo è invece proprio la materia prima a porre un grosso punto di domanda sulla fattibilità del progetto. L’Adige degli ultimi anni, infatti, non è proprio un fiume in piena, e per questo bisognerà lavorare con le provincie di Trento e Bolzano affinché rilascino più acqua nel corso del grande fiume e si accontentino di regimi più bassi nei tanti laghi che costellano le loro località turistiche. Non sarà un’opera di convincimento facile, ma anche in questo campo il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo ha già iniziato a lavorare.