Pontemanco borgo medieavale protoindustriale

La piccola borgata che sorge nel comune di Due Carrare, deve il suo nome all’antica mancanza del ponte e nel periodo di più fiorente sviluppo la sua fama alla posizione strategica nel sistema di navigazione interno lungo la direttrice Venezia-Chioggia-Padova. La presenza di un salto di oltre tre metri lungo il corso d’acqua favorì la nascita di una florida attività di macinazione cresciuta nel corso di sette secoli e cessata soltanto nel 1970, quando uno dei due grandi mulini fu distrutto da un incendio
Fu un salto d’acqua a mettere in moto una ruota, che a sua volta iniziò a macinare il grano, e a gettare le premesse di una prima rudimentale economia. Pontemanco è nato così, grazie alla presenza del canale Biancolino, diramazione del Canale di Battaglia. Deve il suo nome all’antica mancanza del ponte e nel periodo di più fiorente sviluppo la sua fama alla posizione strategica nel sistema di navigazione interno lungo la direttrice Venezia-Chioggia-Padova. La presenza di un salto di oltre tre metri lungo il corso d’acqua favorì la nascita di una florida attività di macinazione cresciuta nel corso di sette secoli e cessata soltanto nel 1970, quando uno dei due grandi mulini fu distrutto da un incendio. Le granaglie lavorate a Pontemanco venivano trasportate per mezzo di imbarcazioni a traino fino ai grandi punti di scambio. La più antica notizia dei mulini risale al 1338, quando vennero citati nel testamento di Marsiglio da Carrara. Nel 1405, con la caduta della Signoria Carrarese per opera dei veneziani, i beni della famiglia furono messi all’asta e i mulini di Pontemanco furono ceduti ai fratelli Morosini in consorzio con Francesco Corner. Nel 1406 i mulini erano due, uno per ogni riva del canale, ciascuno con quattro ruote e casa in muratura. Nel 1539 le ruote raggiunsero il numero eccezionale di 12.
Macinazione di grani e granaglie, cardatura della canapa, produzione di ghiaccio, taglio e lavorazione del legno furono le principali attività sostenute dall’energia idraulica del canale, oltre alle attività di artigianato, commercio e trasporto che resero il Borgo di Pontemanco un vitale centro proto-industriale
Esistono due mappe, una del 1446 l’altra del 1477, che disegnate su pergamena rappresentano il territorio di Pontemanco e la sua trasformazione urbanistica in un significativo borgo con case e casoni che diventano le abitazioni dei lavoratori dei mulini. Mulini così importanti necessitavano di attività indotte che impiegavano carpentieri, fabbri, maniscalchi che si insediarono gradualmente con le loro famiglie. Nel 1655 titolari dei mulini risultano essere la famiglia Pasqualigo – erede diretta dei Morosini – nel ‘700 la famiglia Grimani e, a fine ‘800, Antonio Maria Marcolini. Oltre ai mulini le proprietà veneziane erano costituite da molti altri immobili, parte a servizio degli impianti, parte ad uso della popolazione locale. In data 24 marzo 1646 risultava che Vincenzo Pasqualigo possedeva “… in contrà di Pontemanco campi, case, molini, hostaria… “. Verso la fine del XVII secolo la famiglia patrizia veneziana dei Grimani ottenne la riconferma della concessione di sfruttamento delle acque da parte della Reppublica Serenissima e diede nuovo impulso all’attività di macinazione potenziandola notevolmente attraverso la costruzione di due mulini in pietra e la regolazione idraulica del canale. All’intensificarsi dell’attività produttiva e degli scambi corrisponde lo stabilizzarsi dell’impianto urbanistico cui i Grimani contribuiscono decisamente realizzando anche la rete strutturale e di servizio dell’attività economica. I Grimani completarono le casette in linea degli operai, dei maniscalchi dei cavallanti, dei barcaioli, ed ampliarono Villa Grimani, già Pasqualigo. Si realizza e si completa così un singolare modello insediativo funzionale intorno all’attività produttiva e di scambio.
(Fonte: Panajotti M.L., Vivianetti G., Pontemanco, storia di un territorio, comune di Due Carrare)
Canali come strade
In sostituzione del poco funzionale percorso verso la laguna tramite il Roncajette prima e il Cagnola-Pontelongo poi, tra il 1189 e il 1201, venne realizzato il canale di Battaglia che consentiva di raggiungere Monselice ed Este, e, per mezzo del ripristinato canale Cagnola-Pontelongo anche la laguna nei pressi di Chioggia. Nel 1204 fu realizzata la direttissima Padova-Venezia con lo scavo del Piovego che collegava la città al Brenta e quindi la laguna a Fusina. Per ovviare alla minaccia di rimanere senza acqua, minaccia messa in atto dai Vicentini che riuscirono a deviare a Lonigo le acqua del Bacchiglione nel Frassine, fu scavato nel 1314 il canale Brentella, da Limena a Volta di Brusegana per far confluire parte delle acque del Brenta nel Bacchiglione e garantire sempre l’acqua ai canali cittadini. Attraverso i corsi d’acqua si trasportavano da Padova a Venezia i prodotti agricoli, cereali in particolare e la trachite che veniva caricata nel porto di Lispida. Dalla laguna giungeva il sale, mentre da Venezia arrivavano passeggeri e prodotti esotici di lusso. Protagonisti della navigazione erano i barcari, riuniti in famiglie che garantivano diritti, doveri, norme di comportamento e avevano anche scopi di mutua assistenza. La prima fu quella di San Giovanni delle Navi, istituita a Padova nel XIII secolo.
Le barche contro corrente venivano trainate dai cavalli che percorrevano l’alzaia condotti dai cavallanti, che non risultano invece riuniti in fraglie.
La forza idraulica era sfruttata per azionare i mulini. Infinite e inevitabili erano le controversie e le liti tra i barcari e i mulinari i cui interessi nel regolamentare il corso erano conflittuali.

I Mulini
Fino alla rivoluzione industriale l’unica forza motrice disponibile era quella che si poteva ricavare da cavalli e buoi, e dagli elementi naturali quali l’acqua o il vento. Dai tempi più antichi si cercò pertanto di sfruttare la forza idraulica per mettere in moto meccanismi che alleviassero la fatica degli uomini. Servivano in particolare per macinare granaglie, per azionare magli e seghe nella produzione delle stoffe e come a Battaglia della carta.
L’Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata
Sulla piazzetta di Pontemanco si affaccia l’Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata. Citata nelle visita pastorale del 1595, viene censita come dotata di un unico altare, una croce, suppellettili, reliquie e di proprietà dei nobili veneti Pasqualigo, che risiedevano nella vicina villa. Nel visita del 1668, tuttavia, l’oratorio viene definito “oratorium publicum de jure n. h. virorum de Pasqualigo patriciorum venetianorum sub ecclesia Sancti Georgi villae Carrariae”. L’Oratorio dunque, pur essendo proprietà dei Pasqualigo e affidato alle loro cure, era pubblico, e perciò a tutti accessibile dalla strada, nonché provvisto di titolo, altare fisso, reliquie, campana.
L’interno si presenta a tutt’oggi con il suo ricco apparato decorativo barocco, eccezionalmente integro, costituito da affreschi alle pareti, soffitto ligneo dipinto, stalli lungo tutto il perimetro interno, Via Crucis, altare marmoreo con pala e due bellissimi busti marmorei. Le pareti sono percorse da una fascia dipinta con motivi di finta architettura, a trompe l’oeil: in particolare, una serie di mediglioni intervallati da paraste di marmo rosso e da festoni vegetali sospesi a protomi leonine, fanno vista di sorreggere la cornice dentellata del soffitto ligneo. Dietro brevi balaustre si notano due finestre: una chiusa, l’altra appena aperta. Da una terza finestrella, protetta da una grata di legno, un personaggio si affaccia con in mano una corona del rosario. I pezzi di qualità più alta sono senz’altro i due busti marmorei della Madonna e di Cristo posti a fianco dell’altare. Le opere mostrano caratteri pienamente barocchi, e in particolare rimandano all’ambito di Giusto Le Court. L’ottima fattura fa anzi pensare a un diretto intervento del maestro, che, attivo in importanti cantieri veneziani, potrebbe essere stato richiesto dei due busti da qualcuno dei nobili Pasqualigo. Concorrono all’unità dell’ambiente anche gli eleganti stalli lignei classicheggianti e le fantasiose decorazioni di legno dipinto che incorniciano porte e finestre.