Piccola storia del pastore e del Natale

Alla stalla, o alle sue pertinenze, si lega la grande storia del Natale cristiano, ma anche il formaggio affinato nel fieno è nato più o meno negli stessi luoghi e nella stessa stagione
E fu quel giorno che il pastore, vedendo arrivare alcuni strani personaggi, lasciò il gregge guardato dai cani e corse giù, vero l’ovile e la casa. Aveva lavorato sodo quell’estate e trasformato il poco latte munto dalle pecore e capre in formaggi di piccole dimensioni, utilizzando le piccole fascere di legno che aveva costruito personalmente. Aveva in programma di portare la sua produzione al mercato del bestiame che, giù in valle, si teneva una volta all’anno, prima che arrivasse il fresco autunno. Aveva curato ogni forma, le aveva spazzolate, girate quasi tutti i giorni e spesso le aveva pure raschiate per togliere la muffa difficilmente asportabile con la spazzola. Le più mature erano stese su tavole di legno di abete bianco mentre le più giovani erano mantenute su graticci di cannarella, per consentire un miglior spurgo dell’umidità in fuoriuscita dal formaggio.
Correndo giù per il pendio rimase nascosto dalla siepe naturale di rosa canina, ormai carica di bacche rosse e qualche rara rosellina pallida. Giunse alla casa, prese le chiavi della camera dei formaggi e aprì la porta. I formaggi erano in bella vista, al buio dell’ambiente, fresco e umido, e il pastore agitatissimo pensava a come fare per salvare i suoi gioielli dai razziatori.
Era capitato l’anno precedente nel mese di settembre, che alcuni ladruncoli giungessero nei pressi del paese dove avevano rubato parecchi formaggi a uno dei tanti pastori locali. Conosciuto il fatto un allevatore di vacche aveva salvato i suoi formaggi immergendoli nelle vinacce appena diraspate e il nascondiglio aveva funzionato. I ladruncoli non riuscirono a trovali e se ne andarono con un mesto bottino composto da alcune galline e da poche casse di patate.
Anche il pastore ricordava bene quel fatto. I ladri solitamente iniziavano il loro lavoro alcuni mesi prima del Natale, periodo durante il quale potevano vendere il loro bottino più facilmente. Non poteva però nascondere il formaggio nelle vinacce o nel mosto, lui non produceva vino. Allora dove poteva trovare un nascondiglio adatto? Mentre pensava, la moglie, ignara dell’arrivo del malfatori stava portando in stalla, con il forcone, un covone di fieno. Il fieno…
Nel fieno…. Così il pastore si illuminò e facendosi aiutare dalla sua sposa spostò tutti i formaggi, con la carriola, nel fienile accanto alla stalla.
Passarono i giorni, i razziatori avevano sfiorato la casa del pastore ma non avevano recato alcun danno. Le pecore in quel periodo erano nei pascoli ancora verdi, quelli che il pastore utilizzava nei mesi di ottobre e novembre, lontani da casa tanto che egli doveva rimanere fuori per più settimane senza fare ritorno. Aveva costruito, alcuni anni addietro, un piccolo rifugio di legno, proprio per quei momenti di lontananza, presso il quale mangiava e la sera dormiva, spesso con uno dei figli, solitamente il più piccolo che aveva solo 10 anni. Per forza maggiore i formaggi rimasero abbandonati nel fieno per quasi un mese. La stagione fredda era arrivata e il pastore ricondusse all’ovile le pecore e le capre. Fu allora che si ricordò dei formaggi. Al mercato del bestiame mancavano solo 10 giorni e in quel breve periodo il pastore doveva curare, pulire, spazzolare e raschiare i suoi formaggi.
Recandosi al fienile, con la carriola, il pastore si augurava che i topi non avessero banchettato con i formaggi che invece trovò intatti, perfettamente conservati. I meno maturi, a causa della loro superficie non ancora del tutto indurita si erano incrostati con i fili più sottili del fieno ed erano davvero belli. Il pastore rimase benevolmente colpito, i formaggi parevano vestiti a festa. Maggiormente stupiti rimasero, lui e la moglie per l’incredibile profumo di fieno-formaggio, o meglio di formaggio-fieno, che essi emanavano. Aprirono una forma, li proprio nel fienile. Il coltello che entrava nel formaggio, faticava a scorrere, la pasta era piuttosto adesiva e il profumo che emanava era davvero di elevata intensità. Dal formaggio si sprigionavano sentori di erbe aromatiche, di fiori e di frutta secca, e il pastore e la moglie, immaginarono i loro formaggi esposti sul bancone di legno al mercato, e soprattutto immaginarono che l’intenso profumo avrebbe attirato l’attenzione della gente.
E così fu.
Questa storiella introduce il tema dell’affinamento di molti formaggi che hanno fatto la storia della nostra bella Italia. Del formaggio affinato nel fieno sono stati trovati documenti che attestano tale produzione in un caseificio piemontese, quasi 150 anni fa, e se ne possono trarre alcune conclusioni. Il fieno raccolto d’estate e stipato nel fienile nel primo autunno emana davvero odori straordinari. Il formaggio affinato in questo periodo imprigionerà tali profumi e sarà al meglio della sue caratteristiche organolettiche proprio per le feste natalizie.
Delle produzioni casearie con affinamento nel fieno esiste testimonianza storica in molti documenti. I più antico riguarda un caseificio piemontese di 150 anni fa
I formaggi che oggi vengono definiti affinati, non sono altro che scoperte casuali, in alcuni casi proprio come è successo al pastore della nostra storia. Altri modi di affinare sono specifici delle famiglie pastorali, come per esempio alcuni formaggi forzatamente mantenuti nelle cantine o nei casolari per essere poi utilizzati nei periodi festivi come il quello del Santo Natale, sfruttando le condizioni climatiche dell’autunno, fresco e umido, capaci di aiutare la maturazione dei formaggi e spesso di accelerarla.
Ma l’autunno e l’inverno sono stagioni durante le quali i pastori devono fare i conti con un drastico calo della produzione di latte. Le pecore vanno in asciutta, ovvero in attesa del parto gli allevatori non le mungono più, e così succede anche per le capre. Le vacche invece, per la rotazione che l’allevatore progetta, possono ancora produrre latte anche se spesso sono stabulate in stalla. I pastori quindi devono far conto di questa realtà e per salvaguardare la loro produzione accontentando la maggior parte dei clienti, usavano fare tanti formaggi ma di piccola pezzatura. Certo è che i piccoli formaggi sono meno adatti alla lunga stagionatura, per cui il giusto momento, per avere la sicurezza della vendita, è quello che precede le festività.
I piccoli formaggi sono meno adatti alla lunga stagionatura, per cui il giusto momento, per avere la sicurezza della vendita, è quello che precede le festività
Oggi naturalmente si ragiona in modo molto diverso da quanto accadeva nel passato, ma per le preparazioni casearie specifiche del periodo natalizio, molti pastori o caseifici si preoccupano di fare il formaggio capace di essere inserito nelle ceste oggetto di dono a chi del mangar bene ne fa una disciplina.