Castagne e vino Novello, liaison di stagione

Ricercare accostamenti tra i frutti più rappresentativi dall’autunno potrebbe essere un modo per viverne l’intensità, soprattutto se richiamano le antiche tradizioni contadine
Tempo di castagne. Tempo d’uva, vendemmia e vino nuovo. O… novello? Ci piace provare ad accostare questi meravigliosi frutti della stagione autunnale. Così diversi eppure così importanti per la cultura e la tradizione italiana.

Marroni o castagne? I primi normalmente sono più chiari di colore, tendenzialmente più grossi e di forma che ricorda il cuore. Sono più dolci e saporiti in virtù del fatto che hanno una buccia sottile e meno accentuata è anche la pellicina che avvolge il frutto
Partiamo dalle castagne, che un tempo erano alimento prezioso nella dieta contadina, che ne faceva dolci e farina. Giovanni Pascoli le chiamava “l’italico albero del pane”, un pane che non era solo dei poveri ma che, soprattutto per questi ultimi, era una manna. Eccezionali sono infatti le sue proprietà nutritive ed energetiche, tra cui vitamina B2, sali minerali come fosforo e potassio, fibre e acido folico. Dalle foglie e dalla corteccia i sapienti “alchimisti” sanno ancora oggi ricavare rimedi omeopatici, ad esempio per le vie respiratorie.
Non vi convince? Beh, a dimostrarne l’importanza stanno le cifre: la produzione italica era stimata, a inizio Novecento, in oltre 800 milioni di chilogrammi, oggi è tra i 30 e i 50 a seconda delle annate, influenzate anche di recente non solo dal clima ma pure da malattie e parassiti, tanto che buona parte del prodotto viene importato. Le castagne, più che un cibo, erano diventate uno sfizio ma c’è stato un ritorno di interesse e una ripresa dei consumi come per tutte le “cose buone di natura”. Per essere certi di mangiare un frutto italiano ci si può fidare dei marchi, Dop e Igp: sono una quindicina in Italia. Tre sono quelli riconosciuti nel Veneto, ovvero il Marrone di San Zeno, unica Dop, e poi i Marroni del Monfenera Igp e i Marroni di Combai Igp.
La produzione italiana di Marroni a inizio Novecento era di oltre 800 milioni di chilogrammi, oggi è tra i 30 e i 50 a seconda delle annate
Dunque: castagne o marroni? I più risponderanno che sono tutti e due “castagne”, i marroni (chissà perché al maschile) solo più grossi delle castagne (evidentemente sorelle, al femminile!). Ma anche se sono della stessa famiglia non è solo questione di terminologia: hanno caratteristiche, come ci insegna la rivista “Vita in campagna”, tecniche e gustative differenti. I “marroni” sono più chiari di colore, tendenzialmente più grossi e di forma che ricorda il cuore, ovale e allargata, una buccia sottile come meno accentuata è la pellicina che avvolge il frutto. Sono più dolci e saporiti, ragione per cui è con essi che si fanno i marron glacé. Insomma, sono più prelibati.
Le Dop e Igp della castagna sono una quindicina in Italia. Tre i marchi in Veneto: il Marrone di San Zeno, i Marroni del Monfenera Igp e i Marroni di Combai Igp

Lee castagne un tempo erano alimento prezioso nella dieta contadina, soprattutto sottoforma di farina per la produzione di pane e dolci rustici. Eccezionali sono le sue proprietà nutritive ed energetiche, tra cui vitamina B2, sali minerali come fosforo e potassio, fibre e acido folico
E veniamo alla seconda parte di questo articolo: con cosa abbinarle? Naturalmente con un altro frutto di stagione, l’uva; o meglio, con il suo derivato, il vino. Ma anche qui occorre fare qualche precisazione, perché il vino non è tutto uguale, è bianco o rosso, affinato o no, fermo o effervescente. E poi ci sono il vino nuovo e il vino novello… che non sono la stessa cosa!
Prima però di parlare di vino nuovo e novello, cerchiamo di capire cosa ci guiderà nell’abbinamento, tralasciando i metodi di cottura per non essere troppo pignoli. Visto il suo sapore farinoso, allappante e tendenzialmente dolce, alla castagna o marrone che sia, bollita o caldarrosta, è piacevole abbinare “per analogia” qualcosa che dia sensazioni “morbide” e che non sia del tutto secco. I primi frutti arrivano presto, quando, soprattutto un tempo, la vendemmia era più tarda e l’uva era ancora nei tini: forse è per questo incrocio di situazioni che non è stato mai disdicevole abbinare mosti o vini non completamente fermentati, e quindi più zuccherini. I cosiddetti “torbiolini”, ad esempio, freschi e abboccati, a volte mossi, perfetti per una stagione fresca ma non ancora fredda. Quasi, mi verrebbe da dire, l’ultimo soffio dell’estate nel bicchiere.

Il “Novello” non è “il vino giovane” in generale ma una specifica tipologia di vino prodotto con una vinificazione a macerazione carbonica su uve a bacca rossa, ispirato al francese “Beaujolais nouveau”. Si tratta di un prodotto in cui almeno il 40% delle uve, invece di essere messa a fermentare nei tini, viene posta in cassette dentro autoclavi saturate di anidride carbonica o altro gas inerte, dove subisce un processo di fermentazione all’interno dell’acino un po’ diverso da quello del vino “normale”. Ne deriva un prodotto diverso, più leggero e dai profumi molto fruttati, di minore acidità e con pochi tannini, dai colori vivi e purpurei, quasi violacei. Va bevuto in pochi mesi, si può trovare il commercio, in Italia, solo dal 30 ottobre al 31 dicembre.
E quando il vino nuovo è pronto? Tocca scegliere tra bianco o rosso. La castagna ha una sua consistenza e struttura, è un frutto particolare, sovrasterebbe i prodotti troppo leggeri, quindi è preferibile un rosso non troppo tannico né alcolico, e magari mosso. Fanno al caso nostro lambruschi e barbere, ma anche un tai, un profumato Valpolicella, marzemini e malbec veneti e giovani merlot. Se poi con il frutto si fanno dolci come il Monte Bianco, si passa ai vini dolci e, perché no, passiti.
Insieme alle castagne è preferibile bere un rosso non troppo tannico né alcolico, e magari mosso: come il lambrusco, la barbera, il tai o un profumato Valpolicella
Si sente spesso poi suggerire come alle castagne si abbini ottimamente un vino novello. Nella legislazione italiana il “Novello” non è “il vino giovane” in generale ma una specifica tipologia di vino prodotto con un metodo particolare, ma che va comunque, questo sì, bevuto giovane. Si ispira al francese “Beaujolais nouveau” e si fa con uve a bacca rossa. Che cos’è questo metodo, chiamato macerazione carbonica? Senza entrare in tecnicismi da enologi, si tratta di un prodotto in cui almeno il 40% delle uve, invece di essere messa a fermentare nei tini, viene posta in cassette dentro autoclavi saturate di anidride carbonica o altro gas inerte, dove subisce un processo di fermentazione all’interno dell’acino un po’ diverso da quello del vino “normale”. Ne deriva un prodotto diverso, più leggero e dai profumi molto fruttati, di minore acidità e con pochi tannini, dai colori vivi e purpurei, quasi violacei. Va bevuto in pochi mesi, non è un vino da invecchiamento ed è tipico trovarlo fatto con uve che donano profumi, come il merlot ma anche il sangiovese. Si può trovare il commercio, in Italia, solo dal 30 ottobre al 31 dicembre.
Da come lo abbiamo descritto, vi sarà apparso subito chiaro che il Novello ha alcune delle caratteristiche che abbiamo enumerato come adatte al prodotto da accostare alle castagne, non tutte però: manca forse di struttura, ma si può provare, soprattutto chi ama contrastare la monotona farinosità della polpa quando si mangia una castagna dietro l’altra!