Percepire il paesaggio e vendere il territorio: la sfida di un sistema culturale

Affinché il turismo possa diventare un’effettiva opportunità per la zona è prima di tutto necessario svoltare pagina dal punto di vista della mentalità perchè è difficile che gli abitanti della Bassa possano “vendere” un territorio che in molti casi sono i primi a non sentire e a non conoscere
Una delle più recenti conquiste nell’ambito della legislazione sui Beni Culturali in Italia è il fatto di essere arrivati, nel 2004, alla definizione legale del concetto di paesaggio: “Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni.” (D. Lgs. 22/01/04, n. 42, art. 131 comma 1). In termini semplici, il paesaggio è la natura, così come è stata modificata dalla cultura umana.
Chi vive nel territorio della Bassa padovana, quella striscia di terra fra i Colli Euganei e l’Adige, dovrebbe rendersi conto facilmente di quanto questa definizione possa essere forte, perchè la vita in questo territorio è ancora in un certo senso condizionata dalla grande operazione di ingegneria idraulica veneziana del retratto del Gorzone, con cui la Serenissima Repubblica trasformò la geografia di queste terre prosciugando il Lago di Vighizzolo. Con questa operazione però si determinò anche il cambiamento di uno stile di vita: se prima gli abitanti della zona erano stati soprattutto pescatori che rifornivano i mercati di pesce di Este e Padova, con la grande opera di bonifica si sarebbero trasformati in uomini votati all’agricoltura, anzi alla santa agricoltura, come Alvise Cornaro chiamava quel processo che avrebbe dovuto aumentare la produzione di cibo dello Stato veneto e combattere la fame.
In un certo senso quel cambio di paradigma, operato dal governo di San Marco e dai suoi ingegneri alla fine del XVI secolo è ancora la cifra caratteristica della vita nella Bassa, uno dei pochi territori del Veneto ad aver mantenuto una vocazione principalmente agricola. Alvise Cornaro, nel suo trattato di agricoltura scritto alla metà del Cinquecento, affermava senza mezze misure che l’agricoltura che si poteva esercitare nelle terre bonificate era la vera alchimia, trasformazione della terra da improduttiva a produttiva e dunque fabbricazione vera e propria d’oro!
Da allora le cose sono sicuramente cambiate, è avvenuto un altro, sconvolgente cambio di paradigma, quello industriale e anzi, probabilmente stiamo vivendo una nuova fase in cui la produzione di beni viene sostituita dalla pervasiva offerta di servizi. A questi cambiamenti dal punto di vista economico corrispondono sempre dei cambi di stili di vita e di tendenze di pensiero e la ruralità della Bassa viene percepita come qualcosa di negativo, in primo luogo dai suoi stessi abitanti che, in larga parte, si sentono esclusi dalla grande occasione offerta dal contemporaneo.
La campagna è spesso percepita come un mondo da cui fuggire, legato al passato, alle difficoltà economiche, ad un vivere non facile, un mondo parellelo alle scintillanti mode cittadine
In questo senso, la campagna viene intesa come qualcosa di vecchio, da abbandonare, legato a stili di vita che non hanno più senso al giorno d’oggi. Si possono ripercorrere le relazioni delle visite pastorali, ad esempio quelle effettuate a Carmignano di S. Urbano, e nelle relazioni dei parroci ai vescovi si nota, lungo tutto il corso del Novecento, una difficoltà a raggiungere i più giovani, a farli parte di quel messaggio cristiano che inesorabilmente fa parte di un mondo vecchio, al suo tramonto.
In quelle relazioni si legge qualcosa che è parte di un sentimento diffuso, la campagna è un mondo da cui fuggire, legato al passato, alle difficoltà economiche, ad un vivere non facile, e la Bassa costituisce una sorta di manifestazione di questo concetto, di un arcaismo che si protrae in un mondo parellelo alle scintillanti mode cittadine, un mondo piatto, coperto e avvolto dalla nebbia per lunghi mesi all’anno, in cui il tempo è scandito dall’obbligatorietà delle operazioni agricole, che non lasciano spazio alla libertà di costruirsi una vita.
Ora qui nasce il problema quando si vuole riflettere sulle potenzialità turistiche del territorio compreso tra i Colli Euganei e l’Adige. Potenzialità che si trovano soprattutto nella possibilità di vivere in questa zona un paesaggio rurale con alta qualità della vita e la giusta lentezza, dotato inoltre di alcune significative espressioni a livello di turismo culturale sia per la presenza di monumenti nell’area che per la facilità di raggiungere grandi attrattori culturali come Venezia, Mantova e Ferrara senza essere risucchiati nel gorgo del turismo di massa.
La potenzialità turistica è presente, perchè si trova nella collocazione geografica fortunata della zona e comunque nella presenza di alcuni aspetti che possono essere attrattivi per specifiche categorie di turisti, soprattutto quelle interessate ad un turismo verde e lento. Da questo punto di vista non mancano certo le eccellenze anche nel territorio della Bassa e Con i piedi per terra le ha segnalate e continua a segnalarle.
Tuttavia per fare in modo che il turismo possa diventare un’effettiva opportunità per la zona è prima di tutto necessario svoltare pagina dal punto di vista della mentalità perchè è difficile che gli abitanti della Bassa possano “vendere” un territorio che in molti casi sono i primi a non sentire moderno e invitante. In termini di economia spicciola non ci sarà mai nessuno che comprerà qualcosa se questa non viene messa in vendita, ed è molto difficile che un commerciante metta in vendita qualcosa di cui non percepisce il valore.
Saper recuperare una identità della Bassa può e deve essere il primo passo di un meccanismo imprenditoriale da diffondere capillarmente nel territorio
Per vendere il territorio della Bassa è dunque, in primo luogo, necessario comprarlo, rendersi conto di quelle che possono essere le sue potenzialità e quindi sarà possibile trovare un modo per venderlo. In una società come la nostra, legata ai servizi, è necessario creare un’identità in quello che si vuole vendere, perchè esso non sia uguale a tutti gli altri prodotti che si trovano sullo scaffale (che nel nostro caso è ovviamente metaforico).
Saper recuperare una identità della Bassa, in un modo che possa essere definito inclusivo, cioè portatore di un pensiero che possa essere arricchito dall’incontro con l’altro, secondo la definizione del filosofo ed economista premio nobel Amartya Sen, può e deve essere il primo passo di un meccanismo imprenditoriale da diffondere capillarmente nel territorio.