L’Antropocene, l’impronta dell’uomo sul Pianeta

L’agenda 30 delle Nazioni Unite ha compiuto sette anni, ne restano otto per raggiungere i 17 obiettivi ritenuti di importanza cruciale per l’umanità e il pianeta. A che punto siamo?
Tutti sappiamo, o dovremmo sapere, che l’impatto del genere umano sul pianeta si sta rivelando letale. Abbiamo aperto il buco nell’ozono; stiamo innalzando la temperatura globale con conseguente scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari; stiamo inquinando i fiumi, i laghi, i mari e gli oceani con la plastica, che a sua volta sta uccidendo parte della fauna acquatica; stiamo riversando negli stessi le acque reflue delle nostre aziende; stiamo deforestando e cementificando ovunque. Potrei continuare, ma credo di aver reso l’idea.
Ormai è chiaro che l’Antropocene, così come lo conosciamo noi, non è più sostenibile: vanno presi provvedimenti seri, tempestivi e soprattutto globali. È impensabile che una singola nazione possa fare qualcosa, da sola, rispetto a tutto questo: dobbiamo fare fronte comune, altrimenti i nostri figli e nipoti dovranno cercare casa su Marte! Si fa per dire…
Due anni di pandemia hanno evidenziato atteggiamenti opposti a quelli dell’Agenda 30. Sono aumentate le disparità, gli egoismi e l’aggressività
Ma a parte gli scherzi, cosa abbiamo in mano per affrontare il più radicale e collettivo cambiamento della storia dell’uomo? La risposta è: L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ossia una serie di impegni sottoscritti tra il 25 e il 27 settembre 2015 dall’ONU, in occasione del suo 70° compleanno.
L’Assemblea Generale, alla presenza di 193 Nazioni, ha sottoscritto un documento da concludere entro il 2030, dal titolo molto impegnativo: “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”. Si tratta di 35 pagine in cui vengono individuati 17 obiettivi, indispensabili, per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Quest’Agenda, in realtà, è un programma d’azione che mira al rafforzamento della pace universale, a una maggiore libertà, a sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema. Questi punti sono interconnessi e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale. Gli Obiettivi e i traguardi dovrebbero stimolare nei prossimi anni interventi in aree di importanza cruciale per l’umanità e il pianeta.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite con i 17 obiettivi ritenuti indispensabili per lo sviluppo sostenibile del pianeta
E’ evidente che il mondo immaginato dall’ONU è un luogo in cui vige il rispetto universale per i diritti dell’uomo e della sua dignità, per lo stato di diritto, per la giustizia, l’uguaglianza e la non discriminazione; dove si rispettano la razza (quella umana presumo e spero), l’etnia e la diversità culturale e dove vi sono pari opportunità per la totale realizzazione delle capacità umane e per la prosperità comune. Un mondo giusto, equo, tollerante, aperto e socialmente inclusivo che soddisfi anche i bisogni dei più vulnerabili; un mondo in cui ogni Paese goda di una crescita economica duratura, aperta a tutti e sostenibile, e in cui vi sia un lavoro dignitoso per ciascuno.
Non tutto il genere umano è responsabile del degrado ambientale e della crisi climatica. Una parte notevole dell’umanità non è causa dell’antropocene ma ne è vittima
E’ davvero il più bel progetto per il futuro che la civiltà umana abbia mai partorito, va al di là, e di molto, dalle città perfette e dalle società ideali immaginate nei secoli scorsi. Oggi si parla dell’intero mondo. Bene, come attuiamo tutti questi magnifici propositi? Quanto tempo abbiamo?
Dal 2015 sono già trascorsi 7 anni: ne rimangono solamente altri 8 e finora, purtroppo, non si sono visti grossi risultati. Qualcuno potrebbe obiettare che due anni di pandemia hanno sicuramente influito, ma proprio la pandemia ha messo in evidenza che alcuni aspetti degli obiettivi dell’Agenda sono difficili da realizzare. Mi riferisco alla solidarietà mondiale e al diritto alla salute. Si consideri la scorretta distribuzione dei vaccini: ogni Nazione ha pensato per se stessa, le multinazionali hanno pensato ai loro profitti, i più ricchi della Terra si sono arricchiti sempre di più. Sono aumentati gli egoismi e l’aggressività, lo dimostrano le guerre, compresa quella che forse scoppierà alle porte dell’Europa, e l’esponenziale aumento della vendita di armi, anche da parte dell’Italia. Questo sì nei mesi ha marciato, l’Agenda 30, purtroppo, no.

Uno studio israeliano ha messo a confronto il peso di tutti manufatti prodotti dall’uomo con quello di tutti gli organismi viventi sulla terra. I due piatti della bilancia si equivalgono. L’uomo sta sostituendo la natura con i propri prodotti
Uno studio israeliano ha messo a confronto il peso dei manufatti prodotti dall’uomo (artificiali di ogni genere, dall’asfalto, alle Piramidi, ai mezzi, alla tecnologia, ai microchip….) confrontandolo con quello della biomassa (peso di tutti gli organismi viventi sulla terra) scoprendo che il primo aumentato esponenzialmente nell’ultimo secolo (raddoppiando ogni 20 anni) e che nel 2020 la bilancia è andata in pareggio. Questo dato ci porta inevitabilmete a riflettere sui rifiuti con la domanda: “Chi paga i danni che abbiamo causato al pianeta?”.
In Africa muoiono di fame 6 persone al minuto. Nel 2020 il numero di chi soffre l’insicurezza alimentare e aumentato di 90 milioni rispetto all’anno precedente
E allora già la definizione di Antropocene – segnata dal dominio degli umani sull’intero pianeta – è superata e dovrebbe andare rivista in quanto non tutto il genere umano ha contribuito (è responsabile) alla formazione di questi rifiuti, al degrado ambientale e alla crisi climatica. Una parte notevole dell’umanità non è causa dell’antropocene ma ne è vittima. Ecco perché bisognerebbe parlare più di Wasteocene (dall’inglese waste, scarto) piuttosto che di antropocene, ovvero di un’epoca segnata dalla continua produzione di persone, comunità e luoghi di scarto. L’imposizione di relazioni socio-ecologiche che producono comunità umane e non umane di scarto implica la costruzione di ecologie tossiche fatte di sostanze e narrazioni contaminanti e contaminate. Vogliamo aggiungere ancora un dato? Tanto per capire in che direzione stiamo andando rispetto all’Agenda 30 delle Nazioni Unite? Allora parliamo dello spreco alimantare registrato nel 2021: invece di diminuire è aumentato in tutta Europa, in Italia addirittura del 15% rispetto al 2020, e la medaglia d’oro va ai prodotti agricoli – frutta fresca in testa.
D’altr canto Oxfam, ossia la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo, denuncia che in Africa muoiono di fame 6 persone al minuto. Nel 2020 – sempre in Africa – il 60% della popolazione (circa 800 milioni) ha sofferto di insicurezza alimentare e questi sono aumentati di 90 milioni (più del 10%) rispetto al 2019. Gli obiettivi 1 e 2 dell’Agenda 30 sono già stati disattesi, il tempo a disposizione intanto sta inesorabilmente finendo. Ne abbiamo altro? La scienza dice di no, siamo vicini al punto di non ritorno. Tuttavia tra qualche anno le Nazioni Unite – c’è da scommetterci – sottoscriveranno altri impegni comuni, magari con scadenza al 2050. La data “tonda” di metà secolo la ricorderanno anche meglio … quelli che rimarranno…
Consiglio due letture: “Il Paradosso della Bontà” di Richard Wrangham e “L’Era degli scarti” di Marco Armiero e un film “Don’t Look Up”, direi quasi premonitore.