La scuola, il tormentone dell’estate 2020

La ripresa ha acceso il dibattito pubblico e politico, ma chissà se tutti hanno fatto i compiti delle vacanze
Il grande assente dell’estate appena conclusa è il classico tormentone musicale, quella canzone che, ovunque vai, ti accompagna, ti segue, ti insegue fino alla noia e all’assuefazione. E’ un’altra anomalia di quest’anno strano, segnato dal Covid-19. Ma, dopo il “silenzio assordante” della primavera, l’estate ha deciso che non era più tempo di stare zitta. E allora, via con i dibattiti e le polemiche. Il bersaglio preferito è stata la scuola. L’onda è partita da lontano, già dalle prime settimane della crisi sanitaria, con la questione del rientro in classe ad aprile, poi a maggio, prima della fine dell’anno scolastico. Contemporaneamente è cresciuta la tensione in merito alla modalità di svolgimento on-line o in presenza degli esami di Stato alla fine della scuola secondaria di primo e di secondo grado. Lo scontento è stato generale, tutti avrebbero desiderato decisioni differenti, ma qualcuno non ha mai accettato di fare veramente i conti con una pandemia imprevista, che ha colto tutti impreparati.
Ci si dimentica che certi aspetti organizzativi sono demandati alle Regioni, ai Comuni e ai singoli istituti scolastici
Non erano ancora terminati gli ultimi esami che si è iniziato a parlare della riapertura delle scuole a settembre. E non sono mancate le polemiche e qualche risatina, complici anche certi spiragli di sole e di ottimismo. Di sicuro, lezioni in aula. Ma a turno: a settimane alterne, con le classi divise. Con ingressi scaglionati e orari diversi. Con le protezioni di plexiglas (la cui la grafia ha causato un caustico scambio di messaggi tra Salvini e il ministro Azzolina, prontamente stoppato dall’autorità indiscussa dell’Accademia della Crusca). Con i banchi individuali e… le rotelle. Con le lezioni all’aperto: nei parchi e finanche nei boschi. Recuperando gli spazi inutilizzati delle caserme dismesse. Utilizzando sofisticati strumenti informatici per aiutare i dirigenti ad ottimizzare gli spazi. Già, perché in tutto questo chiacchierare si è dimenticato che certi aspetti organizzativi sono demandati alle Regioni, ai Comuni e ai singoli istituti scolastici. Così, se alla fine la situazione non dovesse corrispondere alle aspettative, sarà sempre possibile scaricare la colpa su qualcun altro, che non ha fatto la sua parte quando doveva.
Come verranno gestiti eventuali raffreddori degli studenti, dei docenti, e del personale scolastico?
L’unica certezza è rappresentata dalle norme di sicurezza: distanza interpersonale, dispositivi di protezione individuale, controllo della temperatura corporea. Qualsiasi decisione si prenda a livello organizzativo, queste precauzioni presuppongono ovviamente che tutti i soggetti che fanno parte della scuola (dagli studenti ai genitori, dagli insegnanti ai collaboratori scolastici, del personale tecnico-amministrativo al dirigente) abbiano un profondo senso civico e rispetto per gli altri: la scuola è un sistema complesso e basta davvero poco per vanificare gli sforzi compiuti. Restano, tuttavia, delle zone d’ombra, che potrebbero dilatarsi. Il maestro può avvicinarsi al bambino per indicargli dove scrivere sul quaderno, purché abbia la mascherina (alzata) e si sia sanificato le mani, ma per il resto del tempo, se rimane dietro la cattedra, può togliersi la mascherina. Per gli studenti è obbligatoria la mascherina fino al raggiungimento del proprio banco. Ma è pensabile (e auspicabile) una classe di “belle statuine”, che comunicano solo verbalmente e a distanza? Fin dalla prima elementare? E come dovranno gestire eventuali raffreddori gli studenti, i docenti, e tutto il personale scolastico? E come potranno svolgersi i colloqui periodici tra insegnanti e genitori? Speriamo che tutti abbiano fatto i compiti delle vacanze, oppure fioccheranno le giustificazioni.