Andrea Segre, Chioggia e il Cinema veneto
L’intervista di Mauro Gambin al regista che ha ideato “Laguna Sud, il cinema fuori dal Palazzo”
Andrea Segre è padovano di nascita, romano d’adozione, ma buona parte della sua infanzia l’ha trascorsa a Chioggia. Ed è appunto a Chioggia che si lega il suo film forse più famoso: “Io sono Li”, anche se nella sua giovane carriera non mancano pellicole altrettanto importanti come “La prima neve” o quelle dei documentari legati ai temi dell’immigrazione come “Il sangue verde” del 2010, “Mare chiuso” del 2012 o “Indebito”, con la collaborazione di Vinicio Capossela sulla Grecia della crisi.
“Io sono Li è stato effettivamente il mio omaggio a Chioggia ma è non è stata una forzatura. A parte la bellezza di Chioggia è stato determinate anche il suo carattere per convincermi ad ambientarvi Li e la sua storia. Chioggia ha un carattere molto forte, è forse tra le città meno venete del Veneto, ha un tessuto sociale stretto fatto di famiglia e lavoro, ma è una città aperta sul mare. La sua millenaria storia l’ha abituata all’incontro con chi viene da fuori. Sembrerebbe ostile, anche a chi vi si approccia arrivando da appena pochi chilometri, ma non solo ospita, accoglie. Magari fa baruffa, ma accoglie. Ecco è il posto giusto per raccontare la storia di un’immigrata cinese, di un “poeta” jugoslavo e della stretta comunità dei pescatori chioggiotti”.
Tra l’altro nel film praticamente c’è quasi tutto il cinema nostrano: da Giueppe Battiston a Roberto Citran fino a Marco Paolini. Dopo decenni in cui il veneto è entrato nei film soltanto attraverso la cadenza dialettale della servetta ottusa e libertina o al carabiniere tonto, si può dire che stia nascendo un cinema Veneto? La nostra Regione ha iniziato a raccontarsi sul grande schermo? Magari attraverso gli archetipi, ma è un inizio?
“Oggi è vero c’è una vivacità maggiore del Veneto nel cinema, ma il veneto fa fatica a raccontarsi se non attraverso degli stereotipi che fanno riferimento al passato bucolico o al carattere chiuso. Il Veneto fa crescere l’economia, ma sta bene a casa sua. C’è anche qui un problema di fondo che è quello che interessa anche gli altri settori ossia l’incapacità di fare sistema. Nelle altre regioni il cinema è stato usato anche con scopi promozionali per il turismo, esistono le Film Commission sviluppate, attrezzate da noi è tutto allo stato embrionale. In Veneto esiste Venezia, è questa l’immagine che viaggia nel mondo, il resto non lo conosce nessuno”.
Nei film, come nei documentari o nei libri, sei sempre particolarmente attento al tema del territorio, nel senso geografico e sociale, o al fenomeno delle migrazioni anche in senso etnografico. Hai qualcosa in cantiere per i prossimi mesi? Vedremo qualcosa di nuovo al cinema oppure in libreria?
“Beh sì, sia al cinema che in libreria e sto ultimando anche un nuovo documentario. In autunno dovrebbe uscire un film sugli accordi tra Italia e Libia sull’immigrazione, attualmente è in montaggio come pure lo è un documentario girato da una donna nigeriana che attraverso lo schermo della telecamera ha raccontato se stessa ai figli. Poi è in arrivo anche un libro, dopo “Fuori Rotta” ancora un viaggio ma geograficamente breve. È un romanzo in cui una donna veneta fugge a Roma per cercare le proprie origini e invece trova una vecchia amica che sta morendo”.
Ricalca un po’ anche il tuo viaggio. Dal Veneto a Roma
“Si, è un po’ anche il mio viaggio”.