Dieci anni di Igp del Radicchio di Chioggia

Passato, presente e futuro di uno dei prodotti più rappresentativi dell’orticoltura veneta. Intervista al presidente del Consorzio di tutela, Giuseppe Boscolo Palo
Il 17 ottobre 2008 arrivava da Bruxelles la lettera che riconosceva l’ottenimento dell’indicazione Geografica Protetta per il Radicchio di Chioggia. Sono passati, quindi, 10 anni da quel primo passo nella direzione di una nuova stagione per l’orticoltura chioggiotta e quest’importante ricorrenza offre lo spunto per un bilancio, insieme al presidente del Consorzio di tutela Giuseppe Boscolo Palo.
Che cosa hanno significato questi primi dieci anni di IGP per Radicchio di Chioggia?
“Per partire dall’inizio bisogna dire che l’Indicazione Geografica Protetta ha rappresentato l’opportunità di organizzare la produzione del Radicchio di Chioggia in modo programmato, ossia dando degli obiettivi a questa coltura per raggiungerli attraverso il nostro lavoro. Obiettivi che non potevano prescindere dalla valorizzazione del prodotto, rendendone riconoscibile e certa sia la qualità che la provenienza, e dal miglioramento del reddito dei produttori. Alcuni di questi sono stati raggiunti in modo pieno e convincente, su altri bisognerà continuare a lavorare duramente, perché il settore primario è ancora troppo fragile e a volte disorganizzato nel proporsi sul mercato. Tuttavia nel tempo credo che l’IGP sia stata di forte stimolo nell’assumere la consapevolezza che noi ortolani chioggiotti non produciamo semplicemente una merce, ma che siamo custodi di una tradizione quasi centenaria e tutori di una terra che va preservata, perché è da qui che esce quella qualità che i consumatori sempre più richiedono”.
All’ortolano di oggi, dunque, serve sempre più consapevolezza del proprio lavoro?
“Direi proprio di sì, proprio perché l’innovazione e la ricerca sono strade obbligate nell’agricoltura di domani. Per rispondere ai cambiamenti sociali, alle tendenze del mercato, alla richiesta di prodotti sempre più sicuri, nel segno della tracciabilità e dalla salute, è sempre più necessario dotarsi di strumenti e cognizioni nuove. Ma il Consorzio di tutela si è speso senza sosta anche sul fronte dei consumatori, diffondendo a facendo conoscere quelle caratteristiche pedoclimatiche e quelle buone pratiche agronomiche che stanno alla base del nostro Radicchio. E’ importante far sapere da dove arriva questa qualità e difenderla dalle tante altre produzioni che cercano di imitarla, senza tuttavia riuscirci”.
Se Chioggia nel mondo è conosciuta è anche senz’altro grazie al suo Radicchio…
“Si certo, in questi anni tra gli impegni portati avanti dal Consorzio di tutela, insieme agli altri compiti che gli provengono dallo statuto, in ordine di vigilanza sulla produzione e sull’uso delle denominazioni o l’assistenza ai produttori e alla filiera, è stata la promozione: portata avanti nella piena convinzione che il prodotto promuove il territorio e viceversa. Così l’area di produzione, che si estende dalla Laguna Sud di Venezia al Basso Polesine, è stata valorizzata nel complesso delle sue valenze paesaggistiche, culturali e turistiche ad ogni partecipazione a fiere, manifestazioni ed eventi sia nazionali, come Fruit Innovation di Milano, Mac Fruit di Rimini, Vinitaly di Verona al Caseus Veneti, che internazionali, come Fruit Logistica di Berlino. Solo per citarne alcuni. Ma tra qualche giorno partiremo per la Finlandia, per raccontare la nostra terra e cercare nuovi mercati nel Nord freddo dell’Europa”.
L’Indicazione geografica protetta è stata importante anche per tessere relazioni con tutte le istituzioni del settore…
“Abbiamo intrapreso rapporti progettuali praticamente con tutti i Consorzi a marchio veneti, direttamente in ATI e/o attraverso collaborazioni e partecipazioni a manifestazioni organizzate dalla regione Veneto ed è stato siglato il gemellaggio con il Consorzio di Tutela del Pomodoro di Pachino Igp. Con le Organizzazioni dei Produttori del territorio sono condivise tutte le azioni e le attività del Consorzio essendone socie, ma anche sedendo con loro ai tavoli importanti della programmazione regionale, quali: il Comitato Radicchio dell’Organizzazione Interprofessionale o quello tecnico regionale per definire assieme con altri soggetti le politiche economiche, di ricerca di sperimentazione e di sviluppo del settore ortofrutticolo”.
In materia di ricerca è da ricordare il progetto regionale sulla “Caratterizzazione qualitativa dei principali prodotti ortofrutticoli veneti e del loro ambiente di produzione”
“Assolutamente: sapevamo che le caratteristiche organolettiche del nostro radicchio erano sintomatiche di un prodotto molto buono da gustare, ma quanto queste fossero importanti per il benessere del nostro corpo lo abbiamo scoperto grazie agli studi condotti dal dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova. L’elevato contenuto di vitamine e sali minerali lo rendono utile per una dieta sana e con un’importante presenza di antiossidanti come le antocianine, legate alla colorazione rossa del radicchio, e i flavonoidi è tra i rimedi naturali più efficaci per contrare l’insorgere di malattie. In più fa bene anche all’ambiente di produzione, come dimostrato dalla World Biodiversity Association le buone pratiche agronomiche dei nostri ortolani garantiscono un’elevata biodiversità in campagna”.
Il futuro di questo prodotto, come lo immaginate?
“Il futuro del Radicchio di Chioggia IGP è già qui e lo vediamo nelle richieste che ci provengono dall’industria di trasformazione. La sua tracciabilità certa, le sue indiscutibili qualità organolettiche e nutraceutico costituiscono un valore aggiunto anche per i marchi che lo impiegano come ingrediente. Viene impiegato nella IV gamma, così come è oramai consolidata la sua trasformazione in essiccato, favorendo con ciò il suo utilizzo per i dolci tipici del clodiense e per le birre, e poi vengono proposti gelati e prodotti da forno, come le pizze e non manca la pasta al e con il Radicchio di Chioggia IGP preparata artigianalmente in abbinamento con formaggi a marchio. E proprio per cogliere appieno questo interesse del sistema agroalimentare si sta lavorando per apportare alcune modifiche al disciplinare di produzione per adeguarlo alle nuove esigenze produttive, di confezionamento e di commercio, cercando anche di rafforzare le certezze dei consumatori nel momento dell’acquisto”.
E per quanto riguarda il domani dei produttori?
“E’ necessario rilanciare con nuovi sistemi, magari con la costituzione di un catasto/anagrafe dei radicchi veneti che ne certifichi il costo di produzione, per definire politiche rivolte alla specializzazione di tali produzioni, vanto e fiore all’occhiello del Veneto, e controbattere il rischio che diventino commodity. In questa assoluta necessità di ridisegnare il futuro della nostra agricoltura non possono essere esentate le istituzioni locali come i comuni. In questi anni con i Municipi di Chioggia e Rosolina si è consolidata una forte convergenza sulla necessaria riorganizzazione dei rispettivi ortomercati. In più con la riscrittura del piano di controllo, da parte dell’ente certificatore (CSQA) scelto dal Consorzio di Tutela e riconosciuto dal MIPAAFT, avremo strumenti importanti, utili a creare le migliori condizioni di adesione da parte dei produttori, perché verranno tolti tutti i limiti pratici che nel tempo sono emersi, da parte dei confezionatori, in termini di rigidi limiti imposti dagli imballaggi. Infine verrà rafforzato il ruolo del Consorzio di Tutela, perché una massiccia adesione dei produttori e confezionatori andrà inevitabilmente a conquistare fette di mercato importanti, tenuto conto che nell’area di produzione dell’IGP si produce circa la metà della produzione nazionale identificando finalmente il Radicchio di Chioggia IGP con il suo territorio di produzione sugli scaffali delle catene distributive in Italia e all’estero. Sono queste gli impegni e le sfide che la denominazione IGP ci spinge ad affrontare in forma coesa, in gruppo, in un accordo che coinvolge produttori, trasformatori e confezionatori capaci di guardare al domani”.